È la progressiva morte delle cellule nervose in una particolare zona del cervello a causare il Parkinson. Nel dieci per centro dei casi si tratta di una forma familiare, legata a una mutazione di determinati geni e in particolare del gene parkina. Questo gene è responsabile del corretto funzionamento dei mitocondri, le “centrali energetiche” della cellula. Quindi se il gene parkina funziona correttamente, le cellule nervose possono svolgere la loro funzione e sono protette dalla morte. Ma la parkina non lavora da sola. I ricercatori di Eurac Research hanno scoperto infatti che la proteina mitocondriale SLP-2 collabora con parkina, supportando la sua funzione protettiva. Questo risultato è frutto di una ricerca comune di Eurac Research, Università di Lubecca e Sanford Burnham Prebys Medical Discovery Institute (California).
Le forme ereditarie di Parkinson hanno un esordio molto precoce, spesso intorno al trentesimo anno di età. In queste forme, a causa di una mutazione del gene parkina, i mitocondri non riescono a fornire alle cellule nervose l’energia necessaria a sopravvivere. Poiché i neuroni hanno bisogno di molta energia, questo malfunzionamento può causare la loro morte. Negli ultimi anni i ricercatori di Eurac Research hanno indagato il modo in cui la parkina protegge le cellule e la sua interazione con altre proteine. Questo studio ha portato alla scoperta della proteina SLP-2 che ha un ruolo importante nel preservare la funzione dei mitocondri e quindi impedire la morte delle cellule. “La nostra scoperta principale è il fatto che la proteina SLP-2 può bilanciare il malfunzionamento della parkina e quindi può proteggere le cellule dalla morte” spiega la biologa molecolare di Eurac Research Irene Pichler. “Questa evidenza potrebbe essere un punto di partenza per sviluppare nuove terapie per il Parkinson. Ora infatti, grazie a questa proteina, cerchiamo di far ripartire il processo protettivo nelle cellule in cui la parkina non funziona al meglio”.
In questo studio gli esperti di Eurac Research hanno lavorato insieme all’Istituto di Neurogenetica dell’Universtà di Lubecca e all’istituto californiano Sanford Burnham Prebys Medical Discovery Institute di La Jolla. I colleghi americani hanno portato avanti la sperimentazione sui moscerini della frutta confermando la validità dei risultati. Lo studio è stato pubblicato sull’ultima edizione della prestigiosa rivista “Human Molecular Genetics”.
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